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by Mel

NEW YORK. La diversità dell'America nella Biennale del Whitney Museum of Art


Se siete a New York c'è una cosa super esclusiva che non dovete perdervi: la 78esima edizione della Biennale del Whitney Museum Of American Art nel nuovo edificio progettato da Renzo Piano e che domina la parte sud dell'High Line Park. 63 artisti raccontano liberamente l'America in un viaggio tra differenze sociali e razziali, diverse forme di espressione, politica e in alcuni casi anche pornografia.

La Biennale è partita a marzo di quest’anno ed è tra gli eventi più gettonati del Meatpacking District. Lew e Mia Lock Christopher, i due curatori, hanno sviluppato l'intero concept sui 6 piani dell’edificio. Incluse le terrazze bellissime che guardano l’Hudson River dove sono stati piazzati i cubi in vetro laminato rosso di Larry Bell, scultore americano veterano della West Coast, e un’opera sonora di Zarou Abdalian.

La particolarità della Biennale è il racconto sulla diversità degli Stati Uniti.

Ammetto che avevo una grande curiosità e aspettative molto alte. Del resto parliamo di New York City, dove le cose si fanno sempre ed esclusivamente in grande. E non sono rimasta delusa.

L’impatto è stato molto forte, le sensazioni molto positive. La Biennale analizza il tema dell’uomo in relazione ai cambiamenti culturali in questo delicato momento storico.

La protagonista è l'America, il Paese delle contraddizioni - a volte anche si! - e viene presentata con volti differenti in un viaggio virtuale tra paura, differenze sociali e razziali, problematiche politiche e religiose, tematiche sessuali.

E forse la cosa più affascinante è che si percepisce il tempo che viene dato allo spettatore per apprezzare ogni istante di ogni singola opera.

Come detto, c’è tutto della società americana in questa Biennale: c’è la quotidianità esplorata all’interno della comunità afro-americana nel dialogo tra la pittura di Henry Taylor e le fotografie di Deana Lawson. Ci sono la pornografia e le perversioni sessuali di Tala Madani. Ci sono pittura e scultura ricche di bizzarri elementi tecnologici. Ed una forte concentrazione tra lo spettatore e il suo corpo.

Non mancano, ovviamente, le provocazioni. Sulle pareti del cubo di Pope ci sono i ritratti in bianco e nero di presunti ebrei che colano grasso. Peggio ancora con Real Violence di Jordan Wolfson si può provare una realtà virtuale durante la quale l’artista, dopo avere stordito lo spettatore con una capriola da ottovolante, ti fissa mentre colpisce alla testa con una mazza da baseball un passante in ginocchio, fino a tramortirlo in un lago di sangue. Un’opera iperrealista, difficile da vedere perché ci costringe a essere inermi dinanzi ad una tale violenza.

Ci sono, ancora, i momenti religiosi nella installazione e nelle vetrate dell’artista messicana Raul De Nieve. E non manca il ricordo dell'11 settembre: "Never Forget" apparterrà per sempre all'America.

Particolarissima l’opera di Samara Golden, al quinto piano, da cui c’è una vista pazzesca sull'Hudson (eh, ma quanto è la mia parte preferita di NY?)

Si tratta di piccoli ambienti ambigui fatti su misura per nani, luoghi di cospirazione o di esperimenti biologici infestati di piante e toilette, macchiate di sangue, che si moltiplicano all’infinito grazie a un gioco di specchi posti sul soffitto e a terra. Ebbene, tu arrivi lì, ti piazzi su una balconata e dinanzi ti ritrovi la finzione dell’installazione con la realtà della riva del fiume che bagna il New Jersey.

Ho apprezzato moltissimo ogni cosa. Ho adorato l’opera di Larry Bell coi suoi cubi di vetro laminato che dominano la terrazza del Whitney al 5°piano.

Ognuno ha dentro di sè una scatola di vetro più piccola, le cui superfici multiple interagiscono con l'ambiente urbano, dove le torri di vetro abbondano.

E poi le opere di Puppies Puppies, che posiziona delle persone travestite da Statua delle Libertà sui tetti del palazzo, e che possono sia rappresentare la statua stessa, sia degli attori che la impersonano. E questo, indubbiamente, è un altro simbolo del dualismo americano. Ciò che è vero per l’America e ciò che non lo è.

Non sono una grandissima esperta d'arte ma un’appassionata certamente si, dell’arte in tutte le sue forme e posso con certezza dire che la Biennale è davvero splendida. E che un salto nella meravigliosa struttura realizzata da Renzo Piano vale davvero la pena.

La Biennale è realmente un incontro di umanità. L’umanità tra chi ha espresso liberamente l’arte e lo spettatore che potrà provare, liberamente, ad interpretarla.

La mostra è visitabile fino all'11 giugno 2017. Pertanto...se siete a NY non vi resta molto tempo.

Il Whitney Museum è al 99 Gansevoort Street, il biglietto costa 25 dollari e vale ogni singolo dollaro speso. Consiglio a chi sarà in visita nella Grande Mela di non perdere l’occasione di partecipare ad un evento del genere.

Fosse anche per visitare il Whitney Museum of American Art che attualmente domina l’inizio dell’High Line. La nuova sede del museo (che dall’Upper East Side di Manhattan si è trasferito al Meatpacking District) è una scatola per metà in cristallo tutta sviluppata in altezza. Personalmente mi piace molto, è nello stile della nuova edilizia che sta prendendo forma attorno all’High Line, dove tra l’altro è in costruzione un meraviglioso edificio residenziale firmato da un’altra grande dell’architettura mondiale, Zada Hadid (di cui vi mostrerò qualche foto nei prossimi post).

La bellezza del museo credo stia proprio nella meravigliosa panoramicità che offre ai visitatori. Cristalli e terrazze dominano il distretto e il fiume, ed è meraviglioso affacciarsi e fermarsi in contemplazione.

L’edificio ospita un centro di formazione con aule all’avanguardia, un teatro con galleria all’aperto adiacente, un centro studi dedicato alle opere su carta, una sala restauro e una biblioteca. A piano terra c’è anche uno shop con una caffetteria ma è al ristorante all’ultimo piano che dovete andare per godere tutto il bello di questo building che espone opere stupende e inedite di artisti famosi e super cool.

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